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Il Blog di Ugo Fonzar

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Postilla » Sicurezza » Il Blog di Ugo Fonzar » Infortunistica » Infortunio: errore del lavoratore e responsabilità penale del datore di lavoro

5 giugno 2013

Infortunio: errore del lavoratore e responsabilità penale del datore di lavoro

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Quando accade un infortunio l’indagine si sofferma anche sulla formazione del lavoratore. In particolare la “catena della formazione” da “testare” è tipicamente la seguente (se manco un passaggio, prego integrare):

1 – il lavoratore ha ricevuto la informazione?
2 – il lavoratore è stato formato?
3 – la formazione era ripetuta nel tempo?
4 – la formazione era verificata anche nel tempo?
5 – il lavoratore aveva capito cosa doveva fare e non fare?
6 – c’era una vigilanza sulle attività lavorative?
7 – sono stati presi provvedimenti disciplinari per censurare comportamenti scorretti?

Tipicamente il lavoratore affermerà in tribunale: “A mì, no me ga mai dito niente nessun” (tradotto: “A me non ha mai detto niente nessuno”), e quindi sta all’azienda dimostrare l’esecuzione di quanto sopra, producendo prove testimoniali e soprattutto documentali.
Infatti tipicamente (è la terza volta che lo scrivo… scusate, ora basta) l’azienda dovrà:

a – produrre opuscoli informativi e istruzioni fornite (con la firma del lavoratore per ricevuta)
b – attestati di formazione dei corsi effettuati in aula (il lavoratore magari li ha persi)
c – documentazione attestante la formazione fatta “on the job” ad es. da parte dei preposti (possibilmente con firme anche qui)
d – documenti con domande / risposte del lavoratore fatte ai vari corsi (dovrà esser giusta la risposta alla domanda che ha un nesso di causa nell’infortunio)
e – il preposto dovrà mostrare (ad es. tramite il Diario Prevenzionale del Preposto) gli interventi di verifica formativa (firme ecc. tutto a prova di PM)
f – un test di lingua italiana all’ingresso per gli stranieri (minimo)
g – si dovrà dimostrare che normalmente la persona e tutti gli altri si “comportavano correttamente” (= prove testimoniali tipicamente… azz mi è scappato)
h – il preposto dimostra (ad es. tramite il Diario Prevenzionale del Preposto) la sua vigilanza ex art. 19
j – tutti i richiami verbali sono utili, ma quelli scritti dovranno esser prodotti al fine di dimostrare che non si tollerava in azienda comportamenti devianti dalle regole indicate.

Bene. Se fila tutto liscio il datore di lavoro ha fatto il suo dovere (non male, eh? Voglia ancora di far il datore di lavoro? No, eh? ;))

Il lavoratore però più bravo e ligio al mondo, appassionato del suo lavoro, diligente, di esperienza, prudente, propositivo, proattivo, … (non pensate che ci siano? Io qualcuno l’ho conosciuto ;)) può però compiere un errore e infortunarsi (o creare un infortunio): l’ing. Marigo ci spiega ciò qui e la figura

https://dl.dropboxusercontent.com/u/7111153/errori%20umani1.jpg

è chiarissima e “seziona” e cataloga i possibili errori.

Vediamo però se riusciamo a delineare i comportamenti “influenzabili” con l’attività sopra elencata al fine di evitare gli errori elencati. Tento di dare un voto, dove:
0 = non influenzabile
10 = condizionabile in modo molto facile

A – gli slips = 2
B – i lapses = 2
C – i mistakes = 10
D – le violazioni volontarie = 8

Quindi le azioni che mettermo in atto, a mio modesto parere, influenzerenno dal 20% al 100% gli errori di cui sopra (magari c’è uno studio che io ignoro che dice esattamente tale influenza…)

Partiamo dal punto D – “violazioni volontarie”. I punti della “catena della formazione” più importanti sono:
5 – il lavoratore aveva capito cosa doveva fare e non fare
6 – vigilanza sulle attività lavorative
7 – provvedimenti disciplinari
Riusciamo a influire fino a un valore 8 in quanto “non si può” vigilare in continuo le azioni dei lavoratori, ma certi segnali in azienda si colgono (ad es. by-pass delle sicurezze) e sono spesso oggettivi (al posto di “spesso” potevo usare “tipicamente”, ma mi son trattenuto).

Poi i B – i “mistakes”: penso si possano usare in modo proficuo tutti i provvedimenti della catena della formazione di cui sopra. Bene.

A e B – i “lapses” e gli “slips”: concordate con me che, anche se si mette in campo tutti i punti sopra indicati, non sono sufficienti, ma è necessario intervenire con l’addestramento, ma non inteso come nella definizione dell’81 “complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l’uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro”, ma come (da dizionari online):
- Allenarsi, esercitarsi per acquisire o migliorare una data abilità
– Rendere idoneo a una funzione determinata o a un comportamento specifico
– Rendere una persona abile a qualche cosa

si potrebbe pensare ad es. di “rendere automatico” e “istintivo” un certo comportamento, ovviamente con un processo educativo contenuto nella definizione di formazione. Ad es. un pilota di aereo o un soldato sono “addestrati”.
Le misure di prevenzione comunque dei lapses e degli slips (involontari) sono legate all’ergonomia e alla tecnologia disponibile: i dispositivi di sicurezza, certi passaggi obbligati con codici e chiavi, avvisi acustici luminosi prima di certi eventi o in conseguenza ad altri, check-list di controllo preventive, ecc. cercano di eliminare gli errori per “distrazione” e “non intenzionali”.

Ora la domanda: ma un datore di lavoro che ha “fatto tutto” e c’è stato un infortunio legato a un “lapsus” o uno “slip” o un “mistake” del lavoratore, risponde ancora penalmente? O è possibile pensare a un evento incidentale e quindi senza responsabilità del datore di lavoro?
Questa domanda è importante perché capite che se il datore di lavoro viene condannato “sempre e comunque”, allora passa la filosofia del “se faccio o non faccio, tanto è uguale, e quindi non faccio nulla”: dobbiamo darci dei limiti e delle regole di discriminazione, altrimenti tutto fa brodo e la porno-sicurezza (*) fa andare in malora tutti i ragionamenti e gli uomini di buona volontà.

(*) non so se l’ho coniato io, ma certi convegni, dove alla gente (ddl, rspp, dirigenti, preposti, ecc.) si mette solo paura senza dare utili indicazioni operative, sono pornografici dal punto di vista della sicurezza, argomento sì giuridico, ma con valenze tecniche e umane micidiali. Se non si capisce ciò, ripeto, gli uomini di buona volontà (dal ddl al lavoratore, passando per gli rspp e i tencnici della sicurezza, compresi gli enti di controllo), meglio che vadano a farsi un giro.

Letture: 8455 | Commenti: 5 |
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5 Commenti a “Infortunio: errore del lavoratore e responsabilità penale del datore di lavoro”

  1. Antonio scrive:
    Scritto il 5-6-2013 alle ore 20:58

    Tutto ottimo. Peccato che l’azienda per seguire questo percorso ha semplicemente smesso di lavorare.

  2. ugo fonzar scrive:
    Scritto il 5-6-2013 alle ore 21:15

    Secondo te quindi tutto è perso? E’ tutto inutile quel che facciamo?

  3. Errore del lavoratore e responsabilità penale del datore di lavoro | studioFonzar's Blog scrive:
    Scritto il 5-6-2013 alle ore 23:40

    […] 1 – il lavoratore ha ricevuto la informazione? 2 – il lavoratore è stato formato? 3 – la formazione era ripetuta nel tempo? 4 – la formazione era verificata anche nel tempo? 5 – il lavoratore aveva capito cosa doveva fare e non fare? 6 – c’era una vigilanza sulle attività lavorative? 7 – sono stati presi provvedimenti disciplinari per censurare comportamenti scorretti? continua qui […]

  4. norsaq bruno pullin scrive:
    Scritto il 6-6-2013 alle ore 07:33

    (*) non so se l’ho coniato io, ma certi convegni, dove alla gente (ddl, rspp, dirigenti, preposti, ecc.) si mette solo paura senza dare utili indicazioni operative, sono pornografici dal punto di vista della sicurezza, argomento sì giuridico, ma con valenze tecniche e umane micidiali. Se non si capisce ciò, ripeto, gli uomini di buona volontà (dal ddl al lavoratore, passando per gli rspp e i tencnici della sicurezza, compresi gli enti di controllo), meglio che vadano a farsi un giro.

    CONDIVIDO AL 100%
    E PORTO QUESTA TESTIMONIANZA
    IERI SONO STATO A UNA RIUNIONE DI PERSONALE DI UNA DIREZIONE SCOLASTICA (DI CUI SONO RSPP) CHE HA FATTO “FORMAZIONE” CON UN CONSULENTE (?) CHE HA FATTO TERRORISMO E INFARCITO LE LEZIONI DI UN SACCO DI BELLA TEORIA GIURIDICA. RISULTATO: PERSONALE TERRORIZZATO E NECESSITA’ DI INCONTRO CHIARIFICATORE. VA PERALTRO DETTO CHE IL PERSONALE COSì “EDOTTO” NON SA, DOPO 12 ORE DI FORMAZIONE SE PUò O NO USARE MULTIPLE, DERIVAZIONI, PROLUNGHE (TANTO PER FARE DEGLI ESEMPI) Nè SE SI, COME; CHE NON DA UNA DIFFERENZA TRA UNA PORTA REI E UNA USCITA DI SICUREZZA (“LA PORTA REI è SEMPRE CHIUSA E SI APRE AL CONTRARIO!”), ETC ETC.
    UTILE COME FORMAIZONE …
    DUE ORE A CERCARE DI CORREGGERE IL TIRO E A CHIARIRE DUBBI. IL BELLO è STATO QUANDO UN’INSEGNANTE MI HA DETTO “MA PERCHE’ NON VI METTETE D’ACCORDO TRA DI VOI?”. SONO STATO DIPLOMATICO MA AVREI DOVUTO DIRE “MA LO SA CARA SIGNORA CHE LA VS. DIRIGENTE HA ORGANIZZATO QUESTI CORSI SENZA NEMMENO CONSULTARMI, CHE IO NON SO NEMMENO CHI SIA QUESTO SIGNORE CHE AVETE CHIAMATO, NON SO CHE MATERIALE AVREBBE USATO … COME MI METTO D’ACCORDO! RIFACCIA LA DOMANDA AL VS. DIRIGENTE”. COSì VA ANCORA LA SICUREZZA NEL 2013.

  5. ugo fonzar scrive:
    Scritto il 6-6-2013 alle ore 09:48

    questi “colleghi che sbagliano” sono dei terroristi
    e fanno male alla ns categoria
    quando sento parlare uno di questi ho due sentimenti: zittirlo o andar via vergognandomi, facendo finta di esser un ingegnere progettista (arte nobile e costruttiva) e non un consulente per la sicurezza … mannaggia

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