3 giugno 2013
Formazione e sicurezza: del bambino e della sega circolare
Senza retorica alcuna ho dimostrato (circa) che le aziende andranno a spendere per la “nuova formazione” secondo gli accordi Conferenza Stato Regioni 9 miliardi di euro, mentre per la “nuova” valutazione del rischio (per le aziende sotto i 10 lavoratori dotate di autocertificazione) 4 miliardi di euro.
Se chiedi all’uomo della strada dove investirebbe i suoi soldi per attivare misure di tutela utili a perseguire la sicurezza e la salute sui posti di lavoro, ti dirà che li spenderà in formazione, puntando sugli uomini e non sulle “carte” (forse). Se lo chiedi a una aula di addetti ai lavori poi avrai una votazione bulgara a favore della formazione: l’ultima platea ha votato compatta. Ovvio.
Questo non significa che il datore di lavoro non deve elaborare i documenti di valutazione del rischio (io rimarrei senza lavoro), ma che questi non sono visti come documenti di progettazione della sicurezza. A dimostrazione di ciò chiedete quanti datori di lavoro “hanno elaborato” (anzi accontentatevi del “hanno letto”) il loro documento di valutazione del rischio… e qui ci sarà ancora una votazione bulgara.
Anche se la legge lo prevede, nella maggiorpare dei casi, il documento di valutazione del rischio non è ritenuto una misura di tutela. Non parliamo poi di DUVRI, POS, PSC, fascicolo del fabbricato, almeno come ce li ha impostati il ns ordinamento, come le aziende li sta utilizzando e anche a sensazione degli addetti ai lavori.
Vox populi, vox Dei? Sì, ok, ma Dura lex, sed lex e quindi …
Quindi abbiamo capito che è necessario puntare sulle persone: tra l’altro la letteratura dimostra che il fattore umano è responsabile dal 70 al 90% delle cause di infortunio.
Ora facciamo un gioco: siete un imprenditore che vuole investire 1 milione di euro in una azienda per tagliare tronchetti di legno da alberi interi. Un investimento sicuramente (?) con forti guadagni (sto scherzando… non fatelo, è un “gioco” per rinforzare il concetto, ok ;))
Ecco la slide che mostro.
Il gioco ha due regole solo, ma le dico dopo…
Dopo una vasta ricerca di mercato trovate solo 2 aziende che si possono acquistare e hanno la possibilità di entrare in produzione subito: la prima azienda con seghe circolari marcate CE e “a norma”, ma con persone non esperte in sicurezza (il bambino è simbolo di tale condizione, mica è lavoro minorile, ok? ;)). Tale azienda costa 1 milione di euro giusto giusto.
Poi c’è una seconda azienda: questa ha le seghe circolari “non a norma”, ma il personale è esperto nelle seghe circolari (il tipo con il casco simboleggia l’esperienza in materia, mica che serve avere il casco per usare una sega circolare, ok? ;)). Anche questa costa esattamente 1 milione di euro.
Potete scegliere solo una delle due aziende. Una sola.
Ovviamente è una domanda paradossale in quanto la legge (Dura lex?) chiede macchine CE a norma e persone formate.
Ma il ns gioco è fatto che ha due regole sole:
1 – puoi scegliere solo una delle due aziende
2 – devi iniziare subito a produrre
Questa volta la scelta è un po’ più dura.
Di solito (statistiche personali non scietificamente provate) una minoranza sceglie quella del bambino con la sega circolare CE. A questo punto chiedo a queste persone il perché. Le risposte sono di solito queste:
– la macchina è sicura
– la legge vuole macchine a norma
(molti dicono che prima di partire faranno formazione ai lavoratori… ma violano la regola n. 2)
A questi di solito chiedo: “Ma a vostro figlio di 10 anni dareste in mano la Vs automobile per andare a prendervi il giornale” – ovviamente NO! Perché? Il perché è legato al fatto che qualcuno crede che una macchina marcata CE e “a norma” è anche sicura e non è così: chi ha usato una sega circolare “a norma” sa che c’è comunque un rischio residuo significativo sull’utensile di taglio. Per un motivo analogo non si da mano l’auto a proprio figlio di 10 anni in quanto l’auto “è pericolosa” anche se targata e omologata per circolare su strada (oltre al fatto che il bimbo non ha la patente…).
Quelli che scelgono l’azienda con le macchine non a norma dicono che con i soldi che faranno metteranno a norma poi le macchine (e spero bene che sia così). Ciò non influisce sul ragionamento finale.
Perché le due scelte diverse? Una possibile spiegazione sta nel fatto che ci si attende che il bambino compia dei “mistake” e il tipo con il casco degli “slip” (ing. Marigo docet), i primi sicuramente da subito (probabilità 100%), i secondi con bassa probabilità (1%).
Quindi? Serve a dimostrare dinuovo che il fattore umano è molto importante e la formazione fatta bene (e non tanto al chilo come capita) è un fattore che differenzia molto il livello di sicurezza effettivo in una azienda. Ovviamente solo “star attenti” e solo “esser esperti” non previene gli infortuni (serve appunto poi la sega circolare “a norma”).
Dinuovo: questo non è incitare a fregarsene delle macchine (io rimarrei senza lavoro), ma di tener ben presente la consapevolezza di chi vi lavora sopra; è la parte più difficile, in quanto bisogna combattere con le seguenti frasi:
– ho sempre lavorato così
– non è mai successo niente
– non riesco più a lavorare se mi metti la protezione
ecc.
Ah, tra parentesi, con me è vietato pronunciare tali frasi, ok?
L’idea è quindi di puntare molto sulle persone: sono le risorse più utili e importanti che abbiamo (sono un po’ retorico?) e fanno SEMPRE la differenza!
PS: immagino che ora gli enti di controllo vorreanno vedere i documenti di valutazione del rischio fatti dal sottoscritto, ma piuttosto di non poter dire dei concetti controcorrente, utili all’obiettivo di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori (e di conseguenza la fedina penale dei loro datori di lavoro), mi espongo e “corro il rischio”.
PPS: ringrazio Andrea Rotella per tutte le idee che mi ha dato e le cose che mi ha insegnato – le idee di cui sopra sono tratte dalle sue idee, io sono un semplice rielaboratore. Idem per Marzio Marigo, un professore che tutti ci meritavamo all’Università e che non abbiamo avuto.
Scritto il 3-6-2013 alle ore 20:20
[…] qui (nel senso che la leggete per bene […]
Scritto il 5-6-2013 alle ore 09:11
Condivido in pieno la sostanza del tuo intervento, ma contesto (simpaticamente) la formulazione del test.
Come cambierebbero le risposte se, per rappresentare il lavoratore inesperto, si utilizzasse l’immagine di un adulto (magari in giacca e cravatta) e/o se il lavoratore esperto fosse rappresentato da una bella donna con casco e tuta con scollatura?
Sarebbe un interessante test per gli psicologi del lavoro…
Scritto il 5-6-2013 alle ore 11:10
hai ragione, il bimbo è una metafora forte e me l’hanno già criticato aspramente…
un salutone
Scritto il 5-6-2013 alle ore 11:30
Le situazioni paradossali fanno riflettere!!
Nel merito,sottoscrivo l’opzione a favore della componente umana “a norma”, con una unica condizione (a costo 0): “a norma” deve essere l’intero organigramma aziendale e in modo particolare i preposti.
Scritto il 5-6-2013 alle ore 15:49
Dopo Dino, anche Luciano (e l’ispiratore del presente post è stato Valentino) !
Concordo che il pesce puzza (o è buono) dalla testa!
Scritto il 6-6-2013 alle ore 20:53
Salve a tutti,
forse la mia proposta sarà un pò criticata ma cosa risponderebbe alla domanda suddetta un pm o peggio un magistrato chiamato a giudicare quale sia il minore dei mali?
A mio parere sarebbe consigliabile se non necessario (come ha fatto qualche tempo fa l’ideatore di questo blog sempre molto interessante ricco di spunti e confronti utili) provare a lavorare “sul campo” e poi esprimersi in merito: provare per credere!
Scritto il 6-6-2013 alle ore 21:01
Salvatore, un giudice ci condannerebbe in entrambi i casi e per motivi diversi, la legge vuole gente formata su macchine “a norma”.
Il campo è poi pieno di spunti e di persone “vere” che la legge invece vorrebbe “migliori” e non sempre le persone ci riescono… e così rispondono penalmente, spesso anche dopo aver lavorato sodo su questi temi…
Scritto il 6-6-2013 alle ore 21:13
Ahimè ti do pienamente ragione! ma così è troppo facile trovare il capro espiatorio!